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NON LUOGHI

Una poetica fotografica dell’immaginazione dello spazio. L’immaginario dei Nonluoghi di Michele Di Donato
Ogni spazio ha una forma di identificazione, un principio di assimilazione che viaggia sulla percezione di ogni senso possibile. Nelle dinamiche che muovono e attraversano la fenomenologia della vita contemporanea, a fronte di una rapidità diffusa, la verità è che ci si ritrova a essere intrappolati in una rete di “pacchetti” omogenei, una congerie di preconfezionamenti che sfama ogni bisogno, dove lo spostamento ha preso il posto del viaggio e il breve tempo del vedere prevarica sull’estensione del guardare. Dalla mancanza di identità, relazionalità e storicità dei luoghi surmoderni denunciata da Marc Augé nel suo Nonlieux (1992), il tempo trascorso da allora, da un lato conferma ancora le analisi esposte dall’antropologo francese, dall’altro ci dimostra come un’antropologia della solitudine ha prodotto un ripensamento efficace sul concetto di luogo dove il nonluogo trova il suo spazio sensibile di riflessione e di rappresentazione. Ed è proprio in questa logica interpretativa, analitica e iconica che si stagliano i Nonluoghi fotografati da Michele Di Donato durante i suoi viaggi in diverse città del mondo. Metropoli che l’autore decide appositamente di spersonalizzare per far sì che gli scatti rivelino pienamente la suggestione antropologica e iconologica che li contraddistingue. Nonluoghi, come è noto, sono tutte quelle strutture e infrastrutture moderne, esatto opposto della dimora, destinate agli spostamenti, al commercio, al transito, al tempo libero e allo svago: aeroporti, stazioni, bus stop, autostrade, aerei, treni, autobus, macchine, supermercati, ristoranti, centri commerciali, outlet, alberghi, musei, centri storici, piazze, sale d’aspetto, ascensori. L’iconografia dei Nonluoghi, descritta da Di Donato, racconta istantaneamente ed espressivamente la storia dei nostri tempi, dove il presente, eterno re, incapsula solo brevi pillole di passato e futuro. Queste fotografie, che collezionano un vero e proprio reportage di antropologia visuale, colgono e trasmettono il senso della precarietà incondizionata, del passaggio continuo che porta sempre più gli uomini a transitare e sempre meno ad abitare, dell’attesa, dell’individualismo, della solitudine, dell’anonimato e dell’impersonalità. Nonluoghi con le sue visioni metafisiche, impenetrabili, silenziose – alla maniera dei film di Michelangelo Antonioni – eppure così prossime a ognuno di noi, è un progetto fotografico che possiede un’energia iconica capace di interagire con chiunque poggi lo sguardo su queste immagini. Ogni scatto è la ricerca di un dialogo, un contatto, un confronto, un’allusione, la rincorsa continua di altri luoghi che si sottraggono sempre più alla coscienza dei nostri spazi. Questi luoghi “altri” sono quelli dell’immaginazione. È questa la poetica espressa dalla fotografia di Michele Di Donato, di Nonluoghi segnatamente. Un magnetismo che permette alla realtà di essere percepita e raffigurata con l’impulso dell’immaginario, quasi astratto, e tuttavia realistico. L’immaginazione dello spazio e lo spazio dell’immaginazione diventano una cosa sola in uno scambio che innesca il meccanismo del pensare per immagini, ma soprattutto di riflettersi nelle immagini. Un gioco concettuale di specchi dunque, riflesso a sua volta di un abile gioco di luce e ombra declinato dal fotografo con un bianconero energico, filmico e d’effetto. Per questa ragione tecnico-compositiva Nonluoghi possiede la visibilità, l’estetica e le virtualità narrative di un flusso di diapositive che scorrono davanti agli occhi, come a raccontarci di possibili frammenti di altrove reali o immaginari che come fili di nylon attraversano le crune della nostra immaginazione per essere tessute. I Nonluoghi di Michele Di Donato, tra astrazione, metafisica e figurazione, definiscono ad alta risoluzione l’immagine di una società dove l’immaginario e l’immaginazione sono ancora, necessariamente, delle prerogative antropologiche necessarie per la conoscenza della realtà. Della solitudine di un nonluogo, nel suo spazio di riflessione immaginale, le fotografie di Di Donato ci restituiscono delle visioni le cui prospettive ricambiano gli occhi di chi le sta osservando. Fabiola Di Maggio
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