La pandemia COVID-19 ha provocato un'interruzione diffusa delle nostre solite routine. L'ambiguità di quando finirà, come si svolgeranno le cose e cosa succederà in futuro ha portato a uno stato liminale collettivo, una sorta di area di attesa sulla soglia del cambiamento.
Il COVID-19 ha minato le nostre aspettative e supposizioni abituali; prima della pandemia tutti avevamo una vita sociale attiva ma, dal marzo 2020 abbiamo iniziato a sperimentare un enorme aumento di ansia sociale. È come se questo stress extra ci facesse superare un punto di rottura che prima eravamo in grado di regolare meglio. Abbiamo paura a prendere i trasporti pubblici, siamo preoccupati per la pulizia di posate e bicchieri, non possiamo avvicinarci e comunicare con gli altri…e tutto questo è accoppiato con una forte preoccupazione di aver perso quasi due anni della nostra vita, quasi di essere "regrediti" nel nostro sviluppo sociale.
Durante questi lunghi mesi di pandemia mi sono passate davanti migliaia di immagini tutte uguali: piazze vuote, negozi vuoti, ristoranti vuoti, gente con la mascherina. Ma la pandemia non è solo questo. La pandemia è anche e soprattutto quello che succede al nostro “dentro”.
Ho deciso di ridurre in immagini tutto questo e il risultato è “Faded”….una narrazione che inizia col nero profondo e finisce, nell’ultimo fotogramma, con un bianco che risucchia tutto dentro di se. In mezzo la vita di tutti i giorni, affogata in un bianconero contrastato molto duro, cosi come duri sono stati i mesi di pandemia in cui tutto si è polarizzato. Mesi densi, nei quali abbiamo vissuto una vita che non è la nostra, scandita da contagi, morti e mancanza assoluta di socialità.
Mesi nei quali siamo stati costretti a vivere in un mondo piatto sempre uguale; un mondo che assorbe qualunque colore e risucchia qualunque speranza.